Poseidon: “ il racconto donato direttamente dal Dio”.

Cari Giterranti...

Vi ho raccontato nel post precedente come Poseidon mi abbia donato, al Museo Nazionale di Atene, una bellissima musica e un racconto.

La musica è stata scritta, sarà messa in un CD, ma ancora non vi so dare una data d’uscita, il racconto invece è stato scritto poco dopo del “fattaccio” e lo pubblico qui per la prima volta.

Buona lettura, e fatemi sapere commentando sotto se la storia che mi ha donato Poseidon vi è piaciuta.

Poseidon

Racconto Poseidon

«Grazie Poseidon, Dio della terra e delle acque, oh tu che proteggi chi ti onora, che porti pace, forza e prosperità ai tuoi seguaci, ascolta la mia preghiera. Sei stato la salda àncora a cui mi sono aggrappato in questo anno di catene, di frustate, di insulti.

Un anno lontano da mia moglie senza sapere se sono padre di un maschio o di una femmina, se i miei genitori sono ancora vivi.

Un anno dove ho dovuto stringere i denti e andare avanti senza reagire, e se oggi sono ancora vivo, è grazie alla forza immensa che mi hai donato, alla tua continua e costante protezione, alla tua potente energia che mai mi hai fatto mancare. Oggi, proprio qui a Poseidonia, ho finito di pagare il mio debito, quindi ti chiedo di continuare a proteggermi affinché riesca a tornare ad Atene al più presto, sano e salvo. Ti prometto che in tuo onore, la prossima primavera, parteciperò ai giochi Istimici a Corinto e muterò il nome del figlio che ancora non ho conosciuto in Delfino, come il tuo animale sacro, così che sia sempre un tuo servitore. Grazie per la tua protezione. Ora e sempre ti onoro oh grande Poseidon.»

Bacio il piccolo ciondolo che porto al collo, raffigurante il tridente del Dio a cui mi sono appena rivolto.

Mi sento rinfrancato, pieno di coraggio e protezione nonostante sia chiuso in una cella, malnutrito e stanco.

Il sorvegliante mi guarda con occhi divertiti e canzonatori.

«Bravo Achelao ringrazia Poseidon, ma ti ricordo che è Ajhi che ti deve liberare e non mi sembra che l’abbia ancora fatto.»

Sbuffo cercando di minimizzare questa verità che pesa nel mio petto, ma non mi lascio abbattere. 

« Ajhi sarà costretto a firmare la carta che mi farà tornare un uomo libero, ho pagato il mio debito, dracma dopo dracma, non può trattenermi oltre.» la mia voce è sicura, il mio cuore in tumulto, vedo la pancia del sorvegliante tremare scossa dalle sue stesse risa.

«Kalí týchi Achelao, spero di non vederti più sputare l’anima in questa topaia. Ma ci crederò solo quando

GitErrandoblog trireme il racconto di Poseidon
più tardi la nave salperà senza di te.»

Si allontana continuando a ridacchiare.

Per un attimo la mia sicurezza vacilla, sento in lontananza Ajhi ridere, imprecare, impartire ordini ruggendo come un leone mentre altri disgraziati come me soccombono sotto il peso enorme delle merci che sono costretti a caricarsi sulle spalle.

Oggi non sono tra loro e questo mi da la forza di credere che presto sarò libero.

«Tu hai finito rimani in cella. Verrà Ajhi a liberarti» mi ha detto il sorvegliante questa mattina sfoggiando un sorriso falso.

E’ tutto il giorno che lo aspetto.

Quando ho chiesto un sorso di acqua e un pezzo di pane mi è stato risposto che oramai sono un uomo libero e che non è più competenza del mercante sfamarmi.

Ajhi il mercante, un infame bastardo che ha fatto di tutto per portarmi via mia moglie, il bene più prezioso che abbia mai avuto.

Sapere di averla salvata dalle grinfie di uno schifoso come lui mi ha dato la forza di sopportare questo calvario.

«Achelao, oggi sei libero.» La voce profonda e rauca di Ajhi mi fa sussultare distraendomi dai miei pensieri.

Mi giro verso di lui incontrando il suo sguardo ma non mi azzardo a rispondere.

Al di la delle sbarre, il suo viso rubizzo incorniciato da luridi capelli crespi e grigi sembra incassato direttamente nelle spalle, i suoi occhi porcini luccicano mentre le labbra si distendono in un ghigno, mettendo in mostra denti marci e gengive nere.

«Spero che questo soggiorno sulla mia trireme ti abbia fatto riflettere sui tuoi sbagli. Immagino che tu abbia imparato che il gioco d’azzardo e l’alcool non fanno per te. Quella povera donna non si merita un uomo privo di morale.» Continua mentre apre la cella.

Mi mordo la lingua per non rispondere.

A che servirebbe ribattere che in verità è stato lui a drogare il mio vino e a costringermi a giocare?

Esco dalla cella abbassando nuovamente lo sguardo a terra.

«Sono stato magnanimo con te, bastava che mi concedessi una notte con tua moglie e il debito sarebbe stato saldato. Ma tu hai preferito un anno di schiavitù. Di la verità pecoraro, temevi che una volta assaggiato un uomo vero non ne avrebbe più potuto fare a meno!»

La sua risata catarrosa mi fa stringere contemporaneamente i denti e i pugni, vorrei ucciderlo ma so che così non rivedrei più la mia famiglia.

«Ma guardati Achelao, sei ridotto a un verme, sei proprio sicuro che tua moglie ti riprenda con sé? Magari in questo anno ha incontrato qualcuno che l’ha fatta sentire donna, qualcuno che l’ha sottomessa e fatta strillare di piacere.» sussurra lascivo.

«Firmami il foglio di rilascio, Ajhi, così potrò verificare se mi vuole ancora.» modulando la voce per non mostrare la mia rabbia.

«Firmami il foglio di rilascio – ripete in falsetto- sei come un eunuco Achelao, piagnucoloso e senza palle.»

Ancora quella risata disgustosa.

Cerco di non ascoltarlo e mi concentro sul tavolo difronte a me.

La penna con la boccetta d’inchiostro sono già pronti per essere usati; sono impaziente, vorrei già avere la sua firma su quel maledetto foglio ma so che devo mantenere la calma e farmi insultare finché non sarà soddisfatto.

Cessa di ridere e segue il mio sguardo.

«Ah certo, non vedi l’ora che ti firmo il rilascio. Ma dimmi un po', come pensi di tornare ad Atene? Oggi sarai libero ma senza una dracma in tasca.»

Raddrizzo le spalle: «Troverò un lavoro qui a Poseidonia, metterò insieme i soldi per poter tornare al più presto. Se tutto va bene, tempo tre mesi mi potrò imbarcare, ma come passeggero finalmente.»

Vedo la sua espressione cambiare, i suoi occhi diventano due fessure nere mentre si morde il labbro inferiore, poi si china verso di me, sento il suo alito puzzolente sul collo.

Con le labbra mi sfiora un orecchio: «E’ tutta sola da un anno, e io arriverò prima di te. Stai sereno che il prossimo figlio che partorirà sarà il mio. Dovessi prenderla con la forza, così sarà.» sibila infidamente.

Socchiudo gli occhi, immagini velocissime si accalcano nella mia testa, il pensiero di lei, nuda e perfetta tra le braccia di questo lurido infame mi disgusta e mi sento invadere da un odio profondo.

«Firmami la libertà.» grugnisco.

Lui piega la testa di lato, pare soppesare le mie parole poi si avvia verso il tavolo, prende la penna in mano e mi guarda.

Fremo dal desiderio di avere quel foglio, trattengo il fiato distogliendo lo sguardo, non voglio che legga la brama e l’impazienza nei mei occhi.

«E se non firmassi?» sogghigna.

Sento la rabbia ribollirmi nelle vene, deglutisco la bile che mi è risalita in gola prima di rispondere: «ho pagato il mio debito fino all’ultima dracma, sono un uomo libero per la legge.» Nonostante i miei sforzi la voce mi trema leggermente.

Mi guarda con un sorriso crudele: «certo, per la legge sei un uomo libero, ma per la legge che tanto millanti prima di liberarti mi devo accertare che non hai commesso altri reati. Tu capisci...è la legge.»

Rimango spiazzato, e mentre il suo sorriso è sempre più ampio io non so cosa rispondere, in fondo so di non aver commesso nessun reato.

Per alcuni attimi i suoi occhi porcini scrutano dentro i miei e io ricambio l’attenzione, sostenendo sicuro il suo sguardo.

«Zenas!» grida perentorio.

Dopo pochi secondi il sorvegliante con il quale ho parlato poco fa si affretta ad entrare, scruta la situazione e inizia a scuotere la testa :«ai tuoi ordini Ajhi.»

«Oggi questo uomo ha pagato il suo debito, ma prima di liberarlo dobbiamo accertarci che non abbia commesso altri reati. Vero Zenas?»

Il sorvegliante abbozza un mezzo sorriso: «beh si, la legge di solito dice questo. Ma non sempre la applichiamo, soprattutto su coloro che sono qui per debiti.»

I due si guardano per qualche secondo, poi Ajhi fa un cenno con gli occhi al sorvegliante il quale abbassa la testa sospirando.

Ho il cuore che galoppa, inizio a sudare poiché ho appena capito che Ajhi non mi libererà mai.


In quel momento sento il keleustes intonare il canto che scandisce le remate e iniziare a battere con il portisculus il ritmo, di conseguenza la trireme si muove prendendo sempre più velocità.

Il panico mi invade, devo assolutamente raggiungere il ponte e gettarmi in mare.

In preda alla disperazione mi muovo velocemente verso la porta, cercando di colpire  Zenas e fuggire via, ma  la mia azione è scoordinata e il sorvegliante riesce a bloccarmi facilmente.

Cerco di divincolarmi, faccio di tutto per liberarmi, ma Ajhi mi assesta un pugno direttamente in faccia.

Il dolore è acuto, lo sguardo mi si appanna, mi sento svenire, in pochi secondi un confortante buio mi avvolge.

                                                  Qualche ora dopo

Apro con fatica gli occhi non rendendomi bene conto di dove sono, ma il dolore alla testa è lancinante e a fatica riesco a respirare.

Il naso è gonfio e pieno di sangue incrostato, ma questo è l’ultimo dei miei problemi, sono di nuovo in cella e vengo sbattuto con forza da una parte all’altra nel mio stretto bugigattolo.

Sento il keleustes gridare ordini agli schiavi, il ritmo di navigazione è serrato, ma le onde sono sicuramente molto alte perché l’acqua entra fino a sotto coperta.

Sono rassegnato, morirò su questa nave, con l’unica consolazione che sicuramente anche Ajhi morirà con me.

La nave sobbalza e scricchiola, gli uomini ai remi stanno urlando di paura, anche io ho paura ma


sono in gabbia, sbattuto con violenza come se fossi privo di peso.

Spero di morire presto, ma l’istinto di sopravvivenza mi fa tenere forte alle sbarre della cella, poi dopo un colpo fortissimo la nave si inclina e cado all’indietro, portando con me il mio appiglio.

Per qualche secondo rimango intontito, ma poi mi rendo conto che il pavimento della cella si è spaccato e le sbarre si sono divelte.

Sono libero di andare, ma dove? Non riesco a mettermi in piedi, la forza dei flutti e l’inclinazione della trireme non mi consente di fare un passo, ma so che l’unica mia salvezza è raggiungere il ponte per poter agganciarmi a un barile vuoto cercando così di rimanere a galla quando la nave affonderà.

Il cuore è in tumulto, la testa mi esplode, ogni parte del corpo è dolorante, sono terrorizzato ma l’istinto di sopravvivenza ha la meglio e inizio a strisciare con grande difficoltà verso le scale, voglio provare a salvarmi, voglio rivedere mia moglie, conoscere mio figlio.

I tuoni sono sempre più forti, l’acqua che scende dalle scale mi ributta indietro, ma non so come riesco a tenermi aggrappato a un moncone della ringhiera e a raggiungere il ponte.


La nave è sempre più inclinata, ci sono uomini incatenati ai remi che urlano terrorizzati pregando di essere liberati ma nessuno corre in loro soccorso, vorrei provare ad aiutarli, ma mentre cerco un appiglio sicuro per avvicinarmi al ceppo che regge le estremità delle catene, vedo un onda gigantesca che sta per travolgere la nave.

Chiudo gli occhi: «oh Poseidon ti prego salvami.» riesco a mormorare, prima di essere sbattuto in acqua da una forza immensa che mi travolge.

L’acqua mi turbina intorno, sento freddo e dolore ovunque, so che devo risalire in superficie se voglio tentare di sopravvivere ma non riesco ad orientarmi.

Il petto mi brucia, fra qualche secondo dovrò respirare ma incamererò solo acqua, ho paura, non voglio morire ma il mio corpo non risponde più ai miei comandi, la disperazione mi invade, so che sta per sopraggiungere la fine.

Smetto di agitarmi e allargo le braccia, le mie lacrime si mescolano all’acqua  mentre chiudo gli occhi e mi preparo al riflesso incondizionato che mi costringerà ad aprire la bocca per respirare il mare.

E mentre sta per succedere l’inevitabile, sento una spinta fortissima dietro la schiena che mi trasporta verso i flash di luce che stanno illuminando i flutti.

In pochi secondi mi ritrovo in superficie, proprio nel momento in cui la mia bocca si spalanca incamerando famelica l’aria.

Boccate di ossigeno misto ad acqua entrano nel mio petto facendomi tossire, la testa mi gira e non riesco a capacitarmi di come io sia riuscito a tornare a respirare fuori dall’acqua, poi lo vedo, è davanti a me, quasi sorridente che mi osserva, mentre sento qualcosa di morbido e liscio che mi sostiene tra le gambe.

Allungo una mano per toccarlo e lui si avvicina ancora di più, lanciando suoni acutissimi.

Sono circondato da delfini, gli animali sacri a Poseidon, che a turno mi sostengono e mi spingono lontano dalla tempesta che in realtà si è placata.

Mi guardo intorno, la trireme si è inabissata portando con lei il carico di uomini e schiavi, tra le onde galleggiano pezzi di remi spezzati e oggetti che non riesco bene a identificare.

E mentre i delfini continuano a trasportarmi verso la riva, esplode dentro la mia testa una musica bellissima, corredata da un coro di voci maschili e un ritmo martellante come quello del portisculus: “O Poseidòna, ky'rie tis tha'lassas, pou diatre'cheis tin aperantosy'ni tis me gali'nia foni'  kai iremei's to pe'lagos kai katalaghia'seis tin trikymi'a, ta eximerome'na ky'mata e'papsan apussi'a ormi's”.

(Oh Poseidon Signore del mare che ti stendi ampiamente con voce serena e fai distendere placato il pelago e  calare la tempesta, i flutti domati si fermarono per mancanza di spinta.)

Sono salvo! Grazie mio grande Poseidon!








Ringraziamenti.

Ringrazio veramente di cuore Elettra Panopoulou  che mi ha tradotto in Greco con lettere latine un’antica canzone che cantavano i Keleustes per dare ritmo ai rematori mentre tentavano di ingraziarsi Poseidon, ma soprattutto grazie a Poseidon che mi ha regalato questa storia, chissà se sia mai esistito un Achelao salvato dai delfini, se così fosse, dopo secoli la sua storia GitErrerà nel web fino ad arrivare in chissà quale lido.  



ʟα ɢıтεяяαптε.



Commenti

  1. Risposte
    1. Sono felice che questo Racconto ti sia piaciuto :-)

      Elimina
  2. Bellissimo! In un momento in cui aneliamo alla libertà e al respiro, questa storia ci spinge in alto, verso la luce che si intravede attraverso il velo. Grazie

    RispondiElimina
  3. Un racconto davvero splendido? Meraviglioso

    RispondiElimina
  4. Che bel racconto, Sonia! Sei bravissima!

    RispondiElimina
  5. Affascinante, grazie per aver condiviso questo racconto! :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie a te per averlo commentato..sono felice che ti sia piaciuto...

      Elimina
  6. Brava Sonia sei favolosa affabulatrice, grazie per queste storie e prr la tua sensibilità, ti abbraccio

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Felice che questo racconto ti sia piaciuto. Un abbraccio grande

      Elimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

GitErrando tre le Astrochakrazioni di Novembre 2023

GitErrando nelle Astrochakrazioni di Ottobre 2023

Il Lago dell’Accesa e il suo Mago...