GitErrando nella musica: Django, il genio della Chitarra


Cari Giterranti

Il giorno della memoria viene commemorato fra una settimana, il 27 Gennaio, e tutti parleranno della liberazione di Aushwitz, manifesteranno contro ogni discriminazione, i tg e i media scriveranno belle parole su come è necessario togliere ogni discriminazione dal mondo e tutti si sentiranno elevati da queste belle considerazioni che però durano solo un giorno, perchè nella mente di molti, ben nascosto sotto i pensieri logici e buonisti, ce n’è uno subdolo che gli fa pensare che  se avvengono i furti è ovviamente colpa degli “zingari”, se l’Europa ci sta affamando è colpa degli ebrei e se il nostro governo aumenta a dismisura bollette e tasse, se i negozi falliscono, se l’economia italiana è ferma e va sempre più nel baratro è ovviamente e necessariamente colpa dei no-vax, perchè in Italia si può decidere liberamente di abortire, si può decidere di non avere l’accanimento terapeutico e lasciarsi morire, ma non si può decidere se farsi iniettare un farmaco in vena o no, perchè altrimenti diventi automaticamente un inviso al mondo, un untore, un terrapiattista ignorante, un egoista schifoso, uno che non ha diritto più a nulla, uno che gli è impedito di lavorare, di usare i mezzi di trasporto e molte altre cose, insomma diventi una persona a libertà limitata che deve comunque continuare a pagare le tasse ma che non può fare più nulla.
Ma ovviamente questa non è discriminazione, anzi per molti è giusto trattare i no-vax in questa maniera e così il 27 gennaio, le stesse persone che chiuderebbero i no-vax in campi di concentramento pubblicheranno post con scritto “mai più discriminazioni”, oppure metteranno foto di Aushwitz con scritto frasi del  tipo: “Non ho paura di chi discrimina ma di chi rimane in silenzio” ... Ecco appunto, anche io ho paura di quelli che rimangono in silenzio perché Hitler non è morto, Hitler è in ogni uomo che discrimina e in ogni uomo che rimane in silenzio ...
Però io non vi parlerò di tutto questo, vi parlerò di un uomo che, nonostante il periodo a lui non favorevole e le innumerevoli difficoltà che ha avuto nella vita è diventato un genio incontrastato della chitarra.
Vi parlerò di una persona che non si è persa d’animo ma ha saputo trasformare una limitazione in un pregio con un grande atto di volontà.
Vi parlerò di un uomo che è diventato un mito, perché contro ogni discriminazione non contano le parole ma contano i fatti reali delle persone.

GitErranti di ogni etnia, di ogni religione, di ogni orientamento sessuale, vax e no-vax ecco a voi ...Django Reinhardt.

Parigi 26 ottobre 1928 un carrozzone manouche va a fuoco.
Dentro vi si trova un promettente banjoista appena rientrato da un suo concerto, felice per
aver ricevuto una grande proposta, quella di entrare a far parte nell’orchestra jazz di Jach Hylton.
Una banale distrazione e una candela caduta sopra dei fiori finti, trasformano una serata perfetta in una tragedia.
In quell’incendio Django Reinhardt perde l’uso dell’anulare e del mignolo della mano sinistra.
Sia la sua famiglia che i suoi colleghi sono sopraffatti dalla tristezza, sanno che la sua carriera è finita.
Ma la musica è la sua vita; non può accettare il fatto di non poter suonare più, così con testardaggine e impegno, non si arrende alla disabilità.
Per mesi si allena tenacemente, invece di suonare scale e arpeggi orizzontalmente come di norma, cerca di ricrearli correndo su e giù per il manico della

chitarra regalatagli dal padre.
Crea nuove forme di accordi, inventa la rullata di scala cromatica con un solo dito e sorprendendo tutti, non solo torna a suonare, ma diventa un mito che ancora oggi continua ad affascinare generazioni di chitarristi.
Jean-Baptiste Reinhardt (1910-1953) detto Django, che in lingua romanì significa “colui che sa,“ ha reso possibile l’unione tra musica tradizionale Manouches e il Jazz americano.
Nel Jazz di quel tempo la chitarra era relegata nella sessione ritmica, ma Django con le sue improvvisazioni geniali le dette un ruolo predominante.

Fu lui ad inventare lo Swing-Musette e fu un originalissimo solista, realizzando una perfetta fusione tra la musica romanò e lo swing.
Nel 1931 alla Croix du Sud, punto d’incontro per appassionati del jazz, Django sente suonare il violino di Stephane Grappelli. Rimane affascinato dal suo stile e dal suo modo di improvvisare, ma solo nel 1934 riuscirono a formare un orchestra.
Il Quintette du Hot Club de France acquista subito un'importanza internazionale e attraverso le proprie registrazioni si impone come il primo importante gruppo jazz non americano.
Nel 1940, fu proposto a Django di arrangiare i suoi brani per una big band, era la realizzazione di un sogno. 
Django però, non avendo mai studiato musica, non sapeva ne leggere gli spartiti ne tantomeno scriverli, chiese quindi al suo clarinettista Gerard Leveque di fargli da trascrittore, passando nottate intere a fischiettare e a cantare le parti per tutta la big band.
Poteva sentire in testa tutto il tessuto orchestrale, e Grappelli ne rimase così colpito da

affermare che “Django sentisse più musica di quella che poteva essere suonata da un orchestra al completo”. Con la big band viene registrata in quel periodo una delle composizioni più famose di Django, “Nuages,” che oggi è considerato uno standard gipsy jazz.
Stephane diventa il suo punto di riferimento per quanto riguarda la mondanità e non solo.
Essendo Django completamente analfabeta, chiede a Stephane di insegnargli a scrivere il suo nome, così da poter firmare gli autografi.
Nonostante la notorietà, Django rimane sempre uno spirito libero, in alcune occasioni si reca ai concerti senza portarsi il suo strumento e suonando qualsiasi chitarra “d’emergenza” che gli viene messa a disposizione, in maniera egregia.
Allo scoppio della Seconda guerra mondiale Stéphane e Django si trovano a Londra. Nonostante il clima di persecuzione razziale nei confronti delle persone di etnia Rom nella Francia occupata dai nazisti, Django decide di ritornare a Parigi.
Subito dopo la seconda guerra mondiale, viene invitato negli Stati Uniti da Duke Ellington, che lo presenta come ospite in alcuni dei suoi concerti, l’ultimo dei quali alla Carnegie Hall di New York.
Tornato in Europa, Django e Stéphane si troveranno ancora a suonare, sia in Francia sia in Inghilterra, fino al 1948, trasferendosi poi a Roma nel 1949 per un lungo ingaggio. 
In quegli anni produsse varie incisioni, ne ricordiamo alcune come“R Vingt-Six”,una corsa mozzafiato tra continui cambi di armonizzazione; “Del Salle” elegante e malizioso, un piccolo capolavoro solistico fatto di raffiche di arpeggi e intervalli esotici; “Babik” che si può definire il suo primo pezzo bebop.

Dopo la morte del secondo figlio, Django appende la chitarra al chiodo in segno di lutto, e si dedica alla pittura immergendocisi con passione.
Riprende a suonare sporadicamente, e durante una breve turnee in svizzera inizia ad avere forti mal di testa che lo paralizzano.
Non andrà mai in ospedale a fare accertamenti, la sua fobia per le iniezioni e il ricordo dei mesi passati in clinica lo terranno lontano dai medici.
Morirà improvvisamente per un emorragia cerebrale il 16 maggio 1953, lasciando famiglia, amici e colleghi immersi nello sconforto.
Alcuni anni dopo suo fratello Joseph, anche lui musicista, sentendo suonare un giovanissimo Bireli Lagreene, tra le lacrime affermerà che “Django è risorto”.


Informazioni

Ho racconto queste informazioni da un bellissimo libro che vi consiglio di leggere dal titolo:
“Django. Vita e musica di una leggenda zingara.” Di Michael Dregni edito da EDT editore.
Un libro che mi ha fatto innamorare di questa meravigliosa anima musicale chiamata Django.


ʟα ɢıтεяяαптε







Commenti

  1. BUONGIORNO , grazie di questa bellissima storia di uomo e di musica. OAICIAO

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  2. Questo racconto mi fai pensare quanto in ogni uno di noi manca la vera passione per la vita.Grazie bellissimo

    RispondiElimina

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