GitErrando a Collepardo nella notte di San Giovanni.

 Cari Giterranti...


Oggi volevo raccontarvi della magica esperienza che ho avuto durante la notte di San Giovanni a Collepardo.

Come molti di voi sanno, la notte di San Giovanni è quella tra il 23 e il 24 Giugno, e in antichità era conosciuta anche come la notte delle streghe. 

In verità però è una notte che nei secoli è sempre stata ritenuta, in tutta Italia, un momento in cui  tradizioni, riti, usanze e superstizioni prendevano vita.

In Molise per esempio, si interpreta il piombo fuso versato nell’acqua, in Sardegna invece si una pone sulla finestra il fiore del cardo, se la mattina ha attirato formiche o moscerini si interpreta il presagio.

In Calabria, le madri regalano alle figlie bamboline costruite con fiori ed erbe, per aumentare


la loro fertilità e propiziare la maternità.

In altre parti d’Italia, invece,  si mette l’albume di un uovo dentro una brocca piena d’acqua e si pone  sulla finestra, la mattina successiva, si interpreta il responso.

Sono sempre stata affascinata da questa notte e dai suoi innumerevoli riti, e quando quest’anno mi hanno parlato della festa della comparata, che si svolge da centinaia di anni a Collepardo, non ho resistito, e ci sono voluta andare.

Così nel pomeriggio del 23 Giugno, io e mio marito siamo partiti verso Collepardo, un luogo che nella mia infanzia avevo già visitato, ma che non ricordavo così nitidamente.

La strada per arrivarci è immersa nella natura e la vista è spettacolare.

 Arrivati all’inizio del paesino di Collepardo  troviamo la strada interrotta da alcune transenne e le forze dell’ordine ci informano che non si può arrivare al luogo della festa con la macchina, ma solo a piedi o con la navetta messa a disposizione dal comune.


Parcheggiamo la macchina e, visto che la festa sarebbe iniziata alle 21.30, decidiamo di visitare il centro storico di Collepardo.

Camminando per le viuzze di questo antico paese, sembra di udire in lontananza  echi ancestrali che rimbalzano fra le mura, voci di donne che portano l’acqua, uomini che lavorano i campi e frati che raccolgono fiori e piante officinali.

Io e mio marito rimaniamo incantati dal silenzio, dalla bellezza del panorama, dalla rigogliosità della natura, e da una particolare energia che traspira da quelle antiche case ancora abitate.

Tutto è quiete a Collepardo, anche le risate gioiose dei bambini, e quello stato di grazia si impossessa anche di noi, rendendoci sereni, più introspettivi e più portati a goderci il momento.

Vorrei tornare a visitare la certosa di Trisulti, posta a circa cinque chilometri dal centro


abitato, ma sono già le 19.00 e così decidiamo di sederci in una piccola piazzetta a fare un’aperitivo, dove conosciamo una coppia di Roma.

Dopo un bel piatto di verdure grigliate e formaggi  e un brindisi con vino casereccio, chiediamo agli abitanti del luogo indicazioni su come arrivare alla festa, ci indicano un’antica mulattiera che scende ripida verso le grotte, immersa nella natura.

Scendiamo alcune scale in pietra  per poi continuare su una strada sterrata, il sole sta tramontando dietro alle montagne, il cielo inizia a colorarsi di varie sfumature di arancio e il silenzio è quasi surreale, il tempo sembra essersi fermato.

Arrivati in fondo alla strada, giriamo a destra e dopo circa cento metri troviamo il luogo della festa.

In uno spiazzo circondato dalla roccia delle montagne c’è un’alta pira pronta per essere accesa e, poco più in là, una vasca riempita con acqua, fiori e piante di ogni genere.

«È l’acqua di San Giovanni!» mi dice una signora, «con questa alla fine del rito, ci benediciamo tutti quanti e possiamo scegliere il nostro compare.»

Ringrazio la signora per la spiegazione e inizio a girare per la piazzetta,  non c’è tanta gente perché la navetta deve ancora iniziare il suo giro, a un tratto la mia attenzione viene attirata da una bella e carismatica signora, vestita con una tunica tutta colorata, che vende unguenti profumatissimi per vari problemi di pelle.

È Carmen, una sciamana del Sud America, trasferitasi in Italia da anni, la saggezza che i suoi occhi emanano è profonda e il suo sorriso riempie il cuore di serenità.

Staziono davanti al suo banchetto improvvisato, cercando di assorbire ogni sua parola sulle erbe, quando dal piccolo palco alla mia destra due uomini iniziano a parlare e a dare spiegazioni per il rito della Comparata.

«Dopo una breve preghiera, verrà accesa la pira, poi ognuno, con L’artemisia che vi è stata consegnata legata intorno ai fianchi, farà tre giri intorno al  fuoco in senso orario pensando a tutte le negatività e a tutte quelle cose che vuole allontanare da se: malelingue, cattiverie, malocchio etc, e poi butterà l’artemisia nel fuoco; fatto questo, tornerà qui a prendere l’iperico, farà tre giri intorno al fuoco e poi potrà scegliere il proprio compare, intingendo l’artemisia nella vasca dell’acqua di San Giovanni e bagnando con quella la persona scelta come compare. Il legame tra le due persone diventerà fortissimo e indissolubile.»

Sentite queste parole, una strana eccitazione mi invade, oramai è calata la notte e la piazza si è

riempita, non riesco a sentire la preghiera, ma vedo innalzarsi verso il cielo un fuoco altissimo.

Una massa di persone iniziano ad accalcarsi intorno al falò e poi, come per incanto, iniziano insieme a girare in senso orario, tutti con l’artemisia intorno ai fianchi.

Il fuoco lancia in aria innumerevoli lapilli e rischio per ben due volte di trasformarmi nella donna torcia, ma l’eccitazione è tanta, così come la voglia di completare il rito.

Lancio l’artemisia nella pira e mi sento più leggera, e vado subito a prendere il mio mazzetto d’iperico.

Altri tre giri intorno al fuoco e mi reco alla vasca piena d’acqua di San Giovanni, per la comparata, e li, bellissima e luminosa, Carmen la sciamana, benedice chiunque si metta in fila, regalando ad ognuno, una frase, un suggerimento, una preghiera.


Arriva il mio turno e lei, dopo aver ben intinto l’iperico nell’acqua, me lo batte per tre volte nel petto, dicendomi di ringraziare per tutto quello che ho, perché ho tutto!

Ringrazio e mi allontano, scoprendo con sorpresa che dietro di me si è formata un’immensa fila.

Dopo la benedizione da parte di Carmen, scelgo il mio compare, così intingo il mio mazzo di iperico nell’acqua di San Giovanni e batto quel mazzo nel petto di mio marito e così fa lui. 

Ora, oltre che marito e moglie siamo anche compari, e quel mazzetto, una volta arrivati a casa, dovrà essere appeso a testa in giù dietro la porta di casa, a scacciare  spiriti e demoni.

Ma la notte è ancora giovane, sul palco si sta esibendo un gruppo musicale con canti e balli tradizionali, le persone sono felici e molte danzano al ritmo di tarantelle, saltarelli e tammuriate.

Alcuni festeggiano la Comparata mangiando panini o pizza, comprati all’unico chiostro montato per l’occasione, e mentre sono immersa nei miei pensieri, con occhi sgranati e

un’espressione imbambolata, mi viene offerto, da Marco Sarandrea in persona, ovvero il titolare e proprietario dell’omonima liquoreria, uno strepitoso nocino, talmente buono che, con la faccia tosta che mi contraddistingue, chiedo il bis.

La notte scivola via così, tra risate, balli, chiacchiere e momenti di relax seduti sulle balle di fieno messe appositamente per fare da panchine.

A un certo punto, la piazza inizia a svuotarsi, ma la fila da Carmen è sempre lunga.

Quando decidiamo di tornarcene a casa, scopriamo che la navetta ha finito il suo turno, così, nel buio più totale, riprendiamo la vecchia mulattiera, illuminata solo dalla falce crescente della luna.

Per fortuna incontriamo due abitanti del posto che ci fanno un pò di luce, e che chiacchierando, ci alleviano un pochino la fatica della ripida salita.

Tornati a casa, mi accorgo di sentirmi più libera e leggera, e soprattutto mi rendo conto di aver assistito a un antico rito che fa parte delle mie radici, anzi, che fa parte delle radici di tutti noi, un rito che andrebbe ripreso in ogni paese, un rito a cui tutti dovrebbero partecipare una volta nella vita, per riprendere contatto con il tempo passato e con quelle tradizioni che purtroppo si stanno perdendo.

Eppure, sono sicura che presto ci sarà una rinascita di feste tradizionali, perché è il nostro DNA, e da quello non si può fuggire.

Di una cosa sono certa, che se potrò, farò di tutto per tornare a Collepardo ogni anno, per ricevere questo magico incantesimo.

Buone Giterrate a tutti e mi raccomando, se vi capita, visitate Collepardo e assaggiate il nocino di Sarandrea, non ve ne pentirete!


Informazioni

Collepardo è un comune italiano di 892 abitanti della provincia di Frosinone, Lazio.
Sorge a 586 mt. s.l.m, su un rilievo dei Monti Ernici in un'area interessata da un'importante attività carsica, che risulta evidente nelle profonde gole del torrente Cosa, nelle grotte dei Bambocci e nella grande voragine detta Pozzo d’Antullo.
Certosa di Trisulti: È un monastero che si trova nel comune di Collepardo. È monumento nazionale dal 1873.
In essa si trovano affreschi e la famosa grafica della "Testa anatomica" di Filippo Balbi, realizzata nel 1854, la chiesa di San Bartolomeo con gli affreschi del Balbi e il grande scranno in legno scolpito della Schola Cantorum. Edificata intorno all'anno mille in pietra ernica, la certosa contiene esempi ancora visibili di archi gotici. La certosa è immersa tra boschi di querce e si affaccia dall'alto della cosiddetta Selva d'Ecio, dove principia il Cosa (Capofiume), alle falde del Monte Rotonaria (Monti Ernici), a 825 m di altitudine e a 6 km a nord-est del centro abitato.

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